Ma Fardeln, tuttavia, continuava a starmi immediatamente dietro, invisibile, pronto a colpirmi una volta fermato. Ovunque degli stranissimi topi cominciarono a sbucare dal nulla. Ma i Tremere erano il più pericoloso fattore, perché con le loro palle di fuoco tentavano spesso di colpirmi, ma erano troppo lenti. Io corsi allora per tutto il corridoio, arrivai allo scalone, salii al primo piano, poi al secondo, in un andamento frenetico e disperato. Non avrei mai potuto trovare vie d'uscita, e io e Sveva eravamo spacciati. Quando arrivai proprio in cima al castello, prima di arrivare all'uscita che portava all'aria aperta, trovai nientemeno che Argil. Non aveva un'aria davvero arrabbiata, ma un certo sadismo sembrava contaminare il suo sguardo.
"Non sai che bello uccidere allo stesso tempo due vampiri consecutivamente… E' una delizia che non vorrei farti perdere. Il tuo destino ti ha portato fin qui, stupido. Non hai mai meritato di essere un Tremere, tu e la tua amichetta! Possa il tuo corpo non essere mai mangiato dai ratti!!" disse Argil, e fu pronto a lanciarmi un'altra di quelle sfere di fuoco.
Non aspettavo altro.
Aspettai che si preparasse nel migliore dei modi, poi all'ultimo ebbi l'intenzione di scostarmi, invece, non so ancora come, mi teletrasportai alle sue spalle. Subito dopo sentii le urla disperate di Fardeln, che era stato sempre dietro di me, aspettando di colpirmi appena fermo. Di certo non si aspettava che mi sarei mosso all'ultimo momento con una tale velocità. Il Principe era stato completamente avvolto dalla palla di fuoco di Argil, ma riuscì a sopravvivere e disintegrò il suo suddito ancora sbigottito con un colpo tremendo. Fardeln aveva perso molta energia e sangue, per cui non aveva più tutte le abilità di prima.
Io mi fermai sulla soglia, e mi girai verso di lui: aveva un aspetto davvero terrificante. Il suo volto era ormai tutto nero e bruciato dal fuoco, ma due occhi scintillanti di rosso spiccavano ancora, e digrignò i denti come un cane affamato che vede la sua preda a pochi passi da lui, mostrando i suoi canini affilati. Ma io ero impassibile. Senza degnare troppa attenzione a quell'aspetto, mi girai nuovamente verso la soglia, guardai prima il sole accecante e fatale di mezzogiorno, poi la mia adorata Sveva. |